Lo scorso autunno ho scritto della tanto temuta Halloween, che in fin dei conti è un tentativo di depotenziare gli aspetti più inquietanti di noi stessi. Il carnevale, festa gioiosa molto amata dai bambini e incoraggiata da genitori e parrocchie, ci sorprende invece con un'origine ben più bizzarra: mi riferisco alle dionisiache greche e ai saturnali romani. A loro volta, queste feste orgiastiche hanno radici nei più remoti costumi tribali, con un significato che attraversa i millenni fino a noi: l'indifferenziazione del soggetto, la totale confusione tra vita e morte, tra luce e ombra. Un ritorno allo stato indistinto, a quel magma alchemico dal quale tutto può nascere, proprio perché non ha assunto ancora nessuna forma definita. Ecco perché nei festeggiamenti di carnevale portiamo una maschera, facciamo scherzi, lanciamo coriandoli: sono tutti veri e propri rituali per spezzare, temporaneamente, le differenze e i ruoli che sono tanto rigidi nella nostra società. Millenni prima del Natale, gli antichi vedevano nel carnevale il loro Capodanno, il ritorno della primavera, l'ora dei germogli che nascono, guarda caso, dal letame.